Gustav Mahler – Sinfonia n. 2 “Resurrezione”: IV. Urlicht – Guida all’ascolto
Il quarto movimento della Seconda Sinfonia di Gustave Mahler, Resurrezione, Urlicht (Luce primordiale in italiano), in re bemolle maggiore, segue praticamente senza interruzione il movimento precedente e porta l’indicazione Sehr feierlich aber schlicht. Choralmässig (cioè Molto solenne, ma con semplicità. Moderato come un corale): è un canto per contralto basato sul Lied dello stesso nome della raccolta Des Knaben Wunderhorn.
Possiamo dire che questo movimento è una breve pausa prima dello slancio del finale, un vero atto di fede prima del finale.
Ha un carattere solenne ed etereo: Mahler voleva che il contralto lo cantasse “come un bambino che si immagina essere arrivato in paradiso”.
La voce umana, usata qui per la prima volta, è in primo piano, sostenuta da una specie di fanfara delicata degli ottoni.
Il testo è quello del Volkslied (canto popolare) Urlicht, raccolto, come ho detto quisopra, nel II volume dei Des Knaben Wunderhorn.
Dopo il tormento del primo movimento e il girotondo smorfioso dello Scherzo, l’essere umano, ritornato all’età dell’infanzia, finalmente è liberato dall’incertezza e dal dubbio: un primo raggio di luce brilla in questo Lied (come bene indica il titolo).
Il primo motivo ascendente, che puoi sentire a 49:18 del nostro video, nel registro grave del contralto raddoppiato dagli archi, è già messaggero di speranza.
Esso continua poi, subito dopo, a 49:41, con un corale solenne, dolcemente intonato dagli ottoni, e che afferma la fede naturale, spontanea e serena dell’infanzia, che sembra essere propria di Mahler in questo momento della sua vita, con il suo bisogno di far uscire dall’alto, dal cielo i suoi tormenti interiori.
Più tardi questo stesso tema ascendente, ma ampliato, diventerà il tema della Resurrezione dell’ultimo movimento.
Nella prima strofa, a 50:31, il contralto si unisce all’andamento del corale proposto ora dai violini.
Nell’episodio intermedio, a 52:09, sulle parole “allora ho preso una lunga strada”, il dubbio è sconfitto: qui abbiamo un andamento più scorrevole e animato, con un’orchestrazione molto particolare e quasi incantevole: dapprima le terzine del clarinetto, poi il timbro delle arpe che accompagnano gli arabeschi del violino solo e dell’ottavino.
Con il verso successivo (“Io sono di Dio e a Dio voglio tornare”), a 53:19, si raggiunge l’apice del movimento: la voce è sostenuta degli archi e il Lied si conclude con un sentimento di certezza e di calma contemplazione nella sicura attesa.